venerdì 25 aprile 2014

Armi da guerra

<All'artiglieria fu commesso il Gran Scudiere Fanfarùn, e in essa furon contati novecento quattordici grossi pezzi di bronzo, fra cannoni, doppi cannoni, basilischi, serpentine, colubrine, bombarde, falconi, passavolanti, spiraline e altri attrezzi. La retroguardia fu affidata al duca Raspasoldi.>
("Gargantua", capitolo 26, pagina 85)

<Saccheggiato così il borgo, si trasferirono all'abbazia con spaventoso tumulto. Ma trovarono ben chiusa e sbarrata, per cui il grosso dell'esercito marciò oltre, verso il guardo di Veda, salvo sette bandiere di fanteria e duecento lance che restaron sul posto e ruppero la muraglia del giardino per dare il guasto a tutta la vendemmia.>
("Gargantua", capitolo 27, pagina 86)

La guerra tra Lernè e Utopia, tra i vari agguati, battaglie e intarventi di monaci, viene descritta minuziosamente da Rabelais, usando termini specifici presi dall'arte della guerra. Qui si menzionano parecchi tipi di arma da fuoco in bronzo, tutti esempi di artiglieria pesante (simili al comune cannone), tranne la serpentina che era una specie di archibugio. Nei primi secoli dell'uso delle armi da fuoco, fino al '500, era comune definire i pezzi d'artiglieria con il nome di rettili reali o mitologici (colubri, basilischi, aspidi, curtaldi...). 
Come al solito si nota la comicità dell'autore nell'inventare i nomi (Fanfarùn e Raspasoldi).

Curiose attività

<Banchettando, si divertivano a separare l'acqua dal vino annacquato, con un calice di edera, come insegna Plinio, e Catone, nel De re rustica; purgavano il vino in una bacinella d'acqua, e ne lo ricavavano con un imbuto, facevano passar l'acqua da un bicchiere all'altro; e costruivano vari piccoli congegni automatici, cioè che si muovono da soli>
("Gargantua", capitolo 24, pagina 81)

Gargantua e Ponocrate, suo educatore, non sprecano un minuto della giornata in attività che non siano costruttive. Perfino a tavola si cimentano in esperienze tramandate dai latini e costruiscono dispositivi automatici.
Il riferimento a Plinio e Catone è esatto, e non inventato, come pur talvolta Rabelais si compiace di fare. Che egli credesse veramente a queste e consimili nozioni trovate nei testi antichi, è lecito dubitare. Ma v'è qui in particolare una compiacenza da far pensare che non solo egli amasse stupirne i lettori, ma fosse quasi tentato di crederci, per la grazia pittoresca del fenomeno.

https://www.youtube.com/watch?v=8Jh7OIGJ1_4

giovedì 24 aprile 2014

L'istruzione di Gargantua

<E andavano anche a vedere come si temperano i metalli, o come si fondono i pezzi d'artiglieria; o andavano a visitare i lapidari, orefici e incisori di gemme, o gli alchimisti e i monetari, o i tessitori di arazzi, di panni e di velluti, o gli orologiai, gli specchiai, gli stampatori, i fabbricanti di organi, i tintori e altri generi di artigiani e, distribuendo sempre buone mance, apprendevano ed esaminavano l'industria e le invenzioni dei mestieri. (...) E invece di andare a erborare, visitavano le botteghe dei droghieri, erborari e apotecari, considerando attentamente frutti, radici, foglie, gomme, semenze, unguenti esotici, e in qual modo anche vengono adulterati.>
(Libro primo: "Gargantua", capitolo 24, pagina 80)

Qui a mio avviso ci si immerge completamente nella realtà lavorativa dell'epoca. Rabelais descrive una lunga serie di attività in vari campi produttivi: dalla metallurgia alla tessitura all'oreficeria... Ma il fattore che li accomuna è il fatto di essere artigiani; l'artigiano è colui che racchiude in sè tutto il processo produttivo del bene creato perchè parte della materia prima e la lavora per arrivare al prodotto finito (quindi non commercia oggetti creati da qualcun altro). La parola deriva dal latino <ars> che significa arte, infatti inizialmente non c'era distinzione tra artigiano e artista perchè quest'ultimo altro non era che l'artigiano emerso per bravura dopo un periodo di apprendistato. La tecnica dell'artigiano procederà fino alla metà del 1700.

Il carro da buoi

<In tale stato arrivò fino a un anno e dieci mesi. Quando, su consiglio dei medici, incominciarono a portarlo in giro;e gli fu fatta una bella carretta da buoi, ideata da Giovannino Denjau.>
(Libro primo: "La molto orrifica vita del grande Gargantua padre di Pantagruele", capitolo 7, pagina 28)

Questo passo è emblematico a illustrare la continua tendenza di Rabelais all'esagerazione e alle descrizioni iperboliche, al punto che gli aggettivi "gargantuesco" e "pantagruelico" sono entrati nel dizionario come sinonimi di enorme, spropositato, smodato.
Il piccolo Gargantua, ancora in fasce, viene portato a spasso non con  una comune carrozzina ma con un carro da buoi, a indicare la sua grandezza smisurata.

Contestualizzazione


Gargantua e Pantagruel è una serie di cinque romanzi scritti da Francois Rabelais nella prima metà del Cinquecento. L'opera è una satira con un linguaggio semplice e vivace, triviale e coltissimo. Rabelais diede i primi due libri da pubblicare all'editore Francois Juste di Lione nel 1542. Firmò i lavori con lo pseudonimo e anagramma Alcofribas Nasier.

http://it.wikipedia.org/wiki/Gargantua_e_Pantagruel



L'opera è ambientata nella Francia del pieno rinascimento nel regno di Utopia (governato dal padre di Gargantua Grangola), descritto come un paese "lontano" ma che assomiglia alla regione francese della Loira.
Il romanzo è espressione di una forza creativa, di un'immaginazione fervidissima, inesauribile, che gli fa concepire personaggi e cose di grandezza smisurata, idee originali ed eccentriche, che lo porta a creare per ogni argomento un'infinità di vocaboli nonché abbondare in dettagli e giochi di parole. La comicità di Rabelais, originale, molto viva e animatrice di fatti e imprese, raggiunge livelli espressivi assai alti: la satira spesso mordace, spesso aspra e spietata, è rivolta contro i rappresentanti della corruzione del tempo, contro i funzionari della giustizia che rendono oscuri i processi più semplici, contro i dottori della Sorbona, incoerenti e pedanti, contro la Chiesa di Roma e i preti ignoranti e superstiziosi, preoccupati del lucro e dei banchetti. Per questo si notano all'interno dell'opera lo spirito fiducioso e critico dell'uomo del Rinascimento che si dirige contro il pensiero medievale, il grande entusiasmo per la cultura antica e i testi antichi, in cui l'autore ripone fiducia assoluta, il grande amore e una vivissima ammirazione del mondo della natura.




Cartina d'Europa nel 1540
Da questa mappa si evince che il Rinascimento coincise in Europa con l'instaurazione del sistema politico assolutistico dei grandi stati nazionali (Spagna, Francia, Inghilterra, Svezia) che caratterizza ancora oggi il vecchio continente. E' considerata un'età di transizione tra Medioevo e età moderna, caratterizzata dalla grande fioritura delle vita culturale e delle manifestazioni artistiche. Le radici di questo fenomeno sono indubbiamente riscontrabili in Italia, infatti il primo Umanesimo fiorentino mise per primo la figura del dotto all'interno della società e della vita pubblica, conferendogli così più importanza e facendo sì che egli si potesse dedicare interamente alla propria attività.
Da un punto di vista tecnologico, è opportuno accennare che i cambiamenti di fondo dell'economia europea costituirono la base di tutto il movimento di rinascita ed ebbero diretti riflessi nel campo delle attività scientifiche. Infatti, le sempre crescenti richieste che privati e Stati rivolgevano ai tecnici per rendere più efficienti i mezzi di produzione, di comunicazione e di distruzione bellica stimolarono la rapida formazione di una nuova categoria di scienziati-ingegneri (il cui esempio più prestigioso è costituito da Leonardo da Vinci) in grado di risolvere i difficili problemi di progettazione e fabbricazione. Ebbe molta importanza l' interesse per un gruppo di indagini, quali l'astrologia, l'alchimia e la magia, oggi ritenute senza alcun dubbio antiscientifiche, ma che tuttavia favorirono il crescere della legittima curiosità di osservare la natura in tutti i suoi aspetti più o meno misteriosi, dote a mio avviso essenziale per cimentarsi nella ricerca scientifica.

giovedì 10 aprile 2014

Gargantua e Pantagruele


Gargantua e Pantagruele
La modernità di questa grande opera si può stimare ancora nei nostri giorni a causa della sua struttura aperta ed enciclopedica. Il capolavoro della letteratura francese rinascimentale è caratterizzato da una sorprendente varietà di episodi, digressioni, discussioni filosofiche, filologiche e scientifiche, la ricchezza dell'invenzione linguistica e l'umorismo di una pungente satira. Francois Rabelais (1494-1553) è uno dei più importanti umanisti francesi del Rinascimento e il suo comico si fonda su una acutissima, fulminea e assolutamente spregiudicata osservazione della realtà. Per questo Balzac lo definì "il più grande spirito dell'età moderna" e come scrive Mario Bonfantini, "la gravità della sua satira, anche la più buffonesca e fantasiosa, spazia, non diversamente ma tanto più genialmente di quella dell'amico Erasmo, su tutti i campi dell'umana follia".